Cantieri e professionisti. Le procedure previste dal decreto in alcuni casi potrebbero compromettere il superbonus La Cila non consente varianti in corso d’opera. E in caso di difformità dell’immobile c’è il pericolo di stop forzato ai lavori
Il Dl 77 semplifica le procedure del 110% ma apre anche nuove criticità.
Le nuove procedure semplificate del superbonus rischiano l’effetto boomerang. Perché in alcuni casi possono portare a “irrigidire” eccessivamente i progetti o esporre i cantieri a contestazioni e ordini di blocco. Compromettendo le stesse agevolazioni fiscali e il lavoro di imprese e professionisti.
Due sono i fronti critici: quello delle varianti in corso d’opera e quello delle responsabilità nell’attestazione del titolo abilitativo.
La norma – l’articolo 33 del Dl 77/2021 – ha certo il pregio di snellire un iter autorizzativo che troppo spesso si è rivelato un freno agli interventi detraibili al 110 per cento. Dopo la riscrittura del comma 13-ter dell’articolo 119 del Dl Rilancio 34/20, infatti, i lavori da superbonus (tranne la demolizione e ricostruzione) possono essere avviati presentando una Cila. Una comunicazione asseverata – più semplice della Scia – che non rende necessaria l’attestazione dello “stato legittimo dell’immobile”: requisito complicato da accertare, soprattutto per i fabbricati più vecchi.
Lo stato legittimo risulta dal titolo abilitativo iniziale della costruzione o da quello che ne ha disciplinato l’ultimo intervento o ha consentito modifiche parziali (si veda l’articolo in basso). Ed è più difficile da ricavare per gli immobili realizzati quando non c’era alcun obbligo di titolo abilitativo: prima del 1942 nei centri abitati e prima del 1967 al di fuori di essi (salvo differenti disposizioni previste in regolamenti e strumenti urbanistici locali).
Il limite alle varianti
Se la Cila da superbonus serve dunque a velocizzare questo passaggio, restano comunque alcune controindicazioni insite nel provvedimento autorizzativo stesso. A partire dall’eccessiva rigidità rispetto alle variazioni in corso d’opera. A differenza della Scia, infatti, la Cila non ammette varianti: se in cantiere si deve modificare qualche elemento sostanziale del progetto, occorre presentare una nuova comunicazione asseverata, che abbia per oggetto proprio la variazione, annullando il titolo precedente.
A quel punto, però, possono aprirsi scenari problematici su diversi fronti. Prima di tutto, quello dei finanziamenti: la Cila è il primo documento da portare in banca per avviare la procedura; e la sua sostituzione in corsa potrebbe causare il blocco del prestito ponte, spesso essenziale per alimentare il cantiere.
Ma c’è anche una questione più fiscale, legata al collegamento tra lavori “trainanti” e “trainati”. La legge, infatti, prevede che i secondi – ad esempio, la sostituzione degli infissi – vadano eseguiti, per fruire del 110%, proprio quando il titolo abilitativo dei primi è attivo. L’annullamento della Cila potrebbe quindi causare, addirittura, la cancellazione del beneficio per i lavori trainati eseguiti nel frattempo.
Le difformità non segnalate
Un altro problema è invece legato alla responsabilità dei professionisti. E sta portando molti tecnici, in queste ore, a convincersi di dover comunque effettuare l’accesso agli atti e le verifiche sullo stato legittimo dell’immobile. Insomma, quei passaggi burocratici che la norma puntava a evitare rischiano di essere comunque necessari.
Il motivo è da ricercare nel passo dell’articolo 33 che spiega come «resta impregiudicata ogni valutazione circa la legittimità dell’immobile oggetto di intervento». Tradotto, vuol dire che, in caso di abusi, si perderà comunque la detrazione e il Comune potrà bloccare il cantiere relativo al 110%, ordinando di rimuovere le opere non autorizzate.
Immaginiamo, allora, che un professionista presenti la Cila per un condominio, senza fare verifiche sui titoli abilitativi e le eventuali sanatorie. Poiché si presenta un progetto conforme allo stato attuale dei luoghi, al Comune basterà una verifica sui titoli passati per sapere se in quei documenti ricevuti sono indicati elementi che non dovrebbero esserci. Andando, poi, a intervenire sul cantiere, bloccandolo e neutralizzando il superbonus.
Per evitare responsabilità, allora, i professionisti più accorti dovranno comunque fare le verifiche sullo stato di legittimità dell’immobile, con i “temuti” accessi agli atti. E dovranno anche rappresentare ai committenti, in maniera precisa, la presenza di eventuali difformità o abusi. Questo dovrà avvenire anche se, poi, al Comune si presenterà una semplice Cila senza attestazione dello stato legittimo.
Ecco perché, per come è strutturata la semplificazione, si rischia un paradosso: soprattutto nei cantieri più complessi, Scia e verifica dello stato legittimo resteranno comunque una regola per imprese e professionisti.