Si sposta verso il basso, nella scala dei provvedimenti per i vari bonus, il titolo edilizio necessario per il 100%. L’articolo 34 del decreto legge approvato venerdì scorso dal Governo modifica il comma 13 ter dell’articolo 119 del Dl 34/2020 e qualifica «manutenzione straordinaria» gli interventi di efficienza energetica, sismabonus, fotovoltaico. Basta quindi, per tutti i lavori (escluse demolizioni e ricostruzioni), una Cila (comunicazione inizio lavori asseverata), con meno responsabilità e tempi più snelli.
In particolare, il legislatore separa gli interventi di efficienza energetica, sismabonus e fotovoltaico dalle normali procedure edilizie che esigono una stretta conseguenzialità tra la situazione edilizia preesistente e ciò che si intende realizzare. Finora tecnici e proprietari erano intimoriti da due norme (gli articoli 9 bis e 49 del Tu 380/2001) che esigevano una catena continua e coerente di passaggi amministrativi anche prima di rifare una facciata o sostituire infissi.
L’imminente modifica prevede che nella Cila, il tecnico, asseverando il calibro dell’intervento, può limitarsi ad attestare gli estremi del titolo che ha previsto la costruzione (ad esempio, il numero di licenza edilizia), oppure il provvedimento che ha legittimato il manufatto (sanatoria, sanzione pecuniaria), o dichiarare che la costruzione è stata completata prima di settembre 1967.
Errori scusabili
Gli errori sulla Cila sono poi sempre considerati veniali, ed hanno una sanzione di 1000 euro, che si riduce a 333 se ci si pente durante l’esecuzione dei lavori (articolo 6 bis, comma 5, del Dpr 380/2001). Questa semplificazione va collegata a quella che, nei rapporti tra privati (compravendite) già consente compravendite anche di edifici con abusi edilizi, purché vi sia un titolo iniziale.
Procedura snella
Con lo stesso metro, diventa elastica la procedura che consente di fruire dei bonus: basta che la “costruzione” sia iniziata legittimamente o da oltre cinquant’anni (1967), anche se nel tempo vi sono state modifiche, per mettere al riparo da un recupero del bonus da parte dell’agenzia delle Entrate. Il legislatore prende quindi atto che per edifici con interventi di dubbia legittimità ma “storicizzati”, sarebbe difficile ripristinare situazioni ormai consolidate, sicché la Cila per fruire dei bonus può trascurare ciò che è avvenuto dopo la “costruzione”, cioè ad esempio le modifiche interne e le ristrutturazioni.
Le nuove procedure, anche convertendo in “Cila” le “Scia” già rilasciate, fanno quindi da scudo alla revoca dei benefici fiscali che scatterebbero in caso di difformità superiori al 2% di altezze, distacchi, cubatura e superfici coperte. Anche se vi è una difformità superiore a tale soglia (come 50 cm ogni 10 metri di altezza) non si perde il bonus. Il recupero dell’importo finanziato avviene quindi solo in caso di mancata presentazione della Cila, di interventi realizzati in sua difformità e assenza dell’attestazione dei dati, tenendo però presente che la Cila può essere presentata anche in sanatoria.
Più delicata è la situazione se le attestazioni asseverate non corrispondano al vero (e non siano sanate da una Cila successiva): scatta la decadenza dal bonus, ma sempre se vi è una dolosa infedeltà, accertabile dall’ente locale.